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lunedì 15 marzo 2010

Agostino, venti anni insieme...


Ieri è venuto a trovarmi il mio vecchio enologo.
Dopo 20 anni di lavoro insieme, con più di 70 anni, ha deciso, con il 2010, di “lasciare posto ai giovani”.
Dice che ora finalmente può dedicarsi a tempo pieno ai suoi hobby, ma da come guardava la cantina e accarezzava, passando, le barriques mi è parso che un po’ di nostalgia la provasse.
Strana razza quella degli enologi.
Vogliono sentirsi padroni dei vini che curano: dicono “il mio vino” è così e così, o al massimo: “il nostro vino”.
Agostino inoltre voleva che parlassi col vino perché, diceva, se si sente coccolato è più docile e si ammorbidisce più facilmente.
Bah, a dire il vero io ci ho provato, ma sorpresa da mia sorella Bruna, ho rischiato l’internamento.
Era un po’ pignolo e voleva seguire e sapere tutto quello che facevo in cantina: io mi sentivo un po’ imbrigliata e parecchie volte ho fatto di testa mia, ma tutto è sempre andato bene.
Abbiamo naturalmente parlato del tempo passato: dei crucci e delle soddisfazioni.
Dell’annata 1994 quando nonostante una difficile vendemmia sotto la pioggia, dopo una stagione pessima, siamo ancora riusciti ad ottenere un buon vino ed eravamo quasi più soddisfatti di altri anni migliori, e commentavamo dicendo che queste annate servivano a selezionare e distinguere le aziende che lavoravano meglio, sia in vigna che in cantina.
Naturalmente poi la mente è andata a quella sua iniziativa della “gita con gli asini” dell’estate 2000 quando, in quattro giorni di dura scarpinata, siamo andati a piedi da Limone a San Remo. Eravamo in più di venti tra famigliari e amici, con asini e muli che ci portavano bagagli e viveri (abbondanti, con cospicua scorta di vino) con indimenticabili notti passate in tenda.
Ma il tempo passa, ora ho un nuovo enologo, il giovane Andrea, volenteroso e di belle speranze, e poi, come mi ha detto Agostino (studioso di Dante):
... giri fortuna la sua rota
come le piace, e ‘l villan la sua marra
Inferno,Canto XV, 95-96